Cantina d’Araprì: le grandi bollicine pugliesi.

A San Severo, un comune di 52.283 abitanti in provincia di Foggia, si trova una bellissima cantina dalla storia interessante. Tre giovani amici, inizialmente accomunati dalla grande passione per la musica jazz, suonata in una cantina di famiglia, nel 1979 divennero soci in affari, cimentandosi nella loro seconda passione: quella per il vino. La loro idea era quella di valorizzare il vitigno principe del territorio, il “Bombino bianco” (anche se successivamente sono stati impiantati in piccole percentuali, il montepulciano e il pinot nero), per ottenere spumante di qualità attraverso il metodo Champenoise, ovvero la tecnica della rifermentazione in bottiglia. Quarant’anni fa pensare di produrre bollicine in una regione calda come la Puglia, era un’idea tanto folle quanto coraggiosa, ma è grazie al coraggio e all’intuizione di questi tre ragazzi che è iniziata l’affascinante storia della cantina d’Araprì, acronimo contenente la successione delle iniziali dei loro cognomi (d’Amico Girolamo, Rapini Louis, Priore Ulrico).

L’attività è dislocata in due aree situate in zone differenti: nella prima, che si trova nella periferia di San Severo, avviene la lavorazione e trasformazione dell’uva in vino ed è aperta solo da settembre a marzo, mentre la seconda è situata nel centro storico di San Severo nei sotterranei di un palazzo antico del XVIII secolo dove il vino in bottiglia completa la sua maturazione prima della commercializzazione.

Siamo stati ospitati ed accolti da Louis in quella che a primo acchito sembra solo una piccola rivendita in una stradina del centro storico ed invece, con nostro gran stupore, abbiamo scoperto che lì sotto c’è un’enorme cantina, anzi lo definirei un vero e proprio paese sotterraneo.

 

Tramite una porta si scendono le scale che portano alla cantina sotterranea. Mentre percorrevo quei cunicoli di mattoncini la sensazione che ho avuto è stata quella di essere stato catapultato indietro nel tempo perché tutto in quel luogo è intriso di storia. Le grandi volte, le mura di cinta che emergono in alcuni tratti, l’antico pozzo e i vecchi utensili che si adoperavano per la lavorazione e trasformazione dell’uva, creano un’atmosfera affascinante e suggestiva che ti lasciano a bocca aperta.

Il grande successo dei loro spumanti ha portato ad aumentare negli anni la loro produzione e di conseguenza la necessità di espandere continuamente la cantina, infatti l’azienda è sempre molto attenta e tempestiva ad acquistare e ristrutturare le cantine in disuso confinanti con la propria, la quale attualmente conta più di mille metri quadrati.

Attualmente producono più di 90.000 bottiglie che vengono sottoposte ad un grande controllo qualitativo; inoltre i tre soci hanno stilato un decalogo da rispettare rigorosamente per mantenere alta la qualità dei loro Spumanti Metodo Classico e consiste in:

  1. Elaborazione in proprio di tutti i vini.

  2. Proprietà della maggior parte dei vigneti al fine di garantire costanza nello stile.

  3. Impiego esclusivo di uve dell’agro San Severo.

  4. Bombino Bianco o Montepulciano (almeno 60%) in tutte le Cuvée.

  5. Impiego del solo mosto fiore per la preparazione dei vini base.

  6. Fermentazione sempre a temperatura controllata sotto i 20° C.

  7. Tirage entro il mese di marzo dell’anno successivo alla vendemmia.

  8. Prolungata permanenza sui lieviti.

  9. Dosage contenuto.

  10. Utilizzo esclusivo di tappi in sughero birondellati di qualità extra.

Terminata la visita in cantina, abbiamo avuto il piacere di visitare anche l’antico palazzo che risale agli inizi dell’Ottocento, situato sopra la Cantina di affinamento. Nel 2007 venne ristrutturato completamente, lasciando però ben visibili i magnifici affreschi che impreziosiscono le volte e i componenti di arredo ottocenteschi. Ma l’antichità si è sposata bene con la modernità, infatti nel piano superiore c’è anche una bella e grande cucina utilizzata da cuochi professionali per deliziare i palati degli ospiti, in occasione di conferenze, congressi o incontri aziendali.

Per l’occasione ci è stato servito lo spumante metodo classico Pas Dosé. Un vino formato da due tipi di uve, per il 50% da bombino bianco e per l’altro 50% da pinot nero; esso matura per circa 30 mesi sui lieviti e naturalmente essendo un dosaggio zero, non contiene nessuna aggiunta di liqueur d’expedition dunque, secondo il mio parere, non avendo nessun residuo zuccherino esprime al massimo tutto il suo valore. Appena versato nel calice ho notato la sua spuma bianchissima e voluminosa, il perlage fine, persistente e continuo, un colore giallo paglierino brillante; al naso emana sentori che variano dagli agrumi alla frutta fresca avvicinandosi di più all’odore della pesca gialla e fiori bianchi. Il vino nel bicchiere evolve sempre più facendo riconoscere sentori di leggera tostatura che si avvicina alla panificazione; in bocca è cremoso, buona la persistenza e il finale è leggermente ammandorlato. Uno spumante di grande spessore.

E’ stata una gran bella esperienza che consiglio vivamente a tutti gli appassionati degli spumanti di qualità!

 

 

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