La Tartaruga: Eccellenza a Colleferro…

Quando si parla di cibo di qualità a Colleferro, non si può non nominare il ristorante la Tartaruga. Situato alla periferia della città, nasce nell’anno 1999 e tengo a precisare che questo ristorante è totalmente a conduzione familiare. In cucina c’è grande sintonia tra la cuoca storica Assunta che prepara pietanze tradizionali e la Chef  Suelo che propone piatti sempre dedicati alla tradizione ma leggermente rivisitati; in sala Massimo e Claudio si occupano della sapiente scelta del vino da proporre al cliente, ottimi vini presi direttamente dalla loro cantina, fornitissima di vini giovani ma anche datati e invecchiati molto bene.

Un ristorante molto curato e un’atmosfera molto accogliente; ci siamo accomodati nella saletta di fronte la cucina contornata da bellissime bottiglie bevute dai clienti. Come è mio solito fare, ho lasciato libera espressione alle Chef, in modo da poter gustare le migliori pietanze della casa.

La cena è iniziata con un ricco antipasto formato da un tagliere di salumi composto da mortadella Bonfanti di Ferrara, speck di Sauris, prosciutto di Scherzerino, guanciale della bassa parmense Antica Ardenga e formaggi come la tomme de Savoie e roccolo del bergamasco; poi, cipolla di Giarratana farcita, frittatina strapazzata con mentuccia di campo e primosale, lingua di bue bollita affiancata da tre tipi di salse (salsa verde, salsa rosa a base di peperoni e senape extra) e crostone di pane con taleggio e porcino. 

Il vino che ho scelto da abbinare all’antipasto è stato un Cesanese di Affile riserva, il Capozzano annata 2014 dell’azienda vinicola Formiconi. Mi ha sorpreso molto, è un vino da far riflettere. Nel bicchiere presenta un colore rosso rubino carico, al naso è intenso, spiccano note di frutta rossa matura, di ciliegia sotto spirito, si sente qualche nota eterea con un finale speziato di pepe e vaniglia. In bocca presenta di nuovo i sentori del naso, i 14,5 gradi di alcool si sentono tutti ma l’alcool non dà fastidio; è un vino ben bilanciato, ha un buon tannino molto morbido visto la sua maturazione di 24 mesi in barriques e 4 mesi in bottiglia. Per iniziare direi che è perfetto!

primi piatti sono stati un mix tra innovazione e tradizione. Lo spaghetto con burrata di Andria, alici del Mar Cantabrico e granella di pistacchio di Bronte, preparati e mantecati alla perfezione dalla Chef Suelo, rappresentano quel tocco di novità e creatività. Ma non poteva mancare l’ottima pappardella al ragù bianco di vitella e parmigiano fatta a mano dalla cuoca Assunta, simbolo di una cucina tradizionale: una pappardella spessa e ruvida che si amalgama benissimo con lo squisito ragù e dal sapore unico.

Con questi due primi ho voluto abbinare un vino Piemontese, il No Name Nebbiolo 2012 della cantina Borgogno, un quasi “barolo” che nasconde un’interessante storia: il proprietario dell’azienda Oscar Farinetti, esasperato dalla troppa burocrazia, ha deciso di declassarlo, da barolo a nebbiolo, creando un’etichetta di protesta chiamata  “No Name”, ma posso garantirvi che è quasi un barolo a tutti gli effetti!

Nel bicchiere ha il classico colore del nebbiolo, rosso rubino chiaro con leggeri riflessi granato. Al naso risaltano i sentori di frutta rossa, ciliegia, viola, di confettura di lamponi, liquirizia e note speziate; in bocca è ben equilibrato, elegante, un buon compromesso tra acidità e tannicità. A me è piaciuto veramente molto!

Come secondo mi è stata consigliata una tagliata di aberdeen black angus, parliamo di una razza bovina da carne, che prende il nome dalla zona della Scozia di cui è originaria. Una carne di una qualità eccellente, morbida, succosa, saporita, con un sapore unico e deciso.

Una carne di questa caratura merita solo un grande abbinamento, in tal caso ho scelto un vino abruzzese della cantina Masciarelli: il Montepulciano Villa Gemma annata 2001. Appena versato nel bicchiere si nota immediatamente il bellissimo colore rosso rubino impenetrabile, al naso è un’esplosione di profumi di frutti rossi, rosa rossa e viola, ma nel bicchiere cambia in continuazione, l’evoluzione è continua. Al naso note di cuoio, tabacco, cioccolato fondente, pepe, vaniglia e liquirizia; in bocca si ripropongono tutti questi sapori, un tannino morbido quasi polveroso e un finale lunghissimo che rimane impresso. Sorprendente!

Infine i golosissimi dessert: una mousse al cioccolato con panna e granella di pistacchio e una coppa di crema allo zabaione e panna, il tutto accompagnato da un ottimo passito di malvasia puntinata dell’azienda Principe Pallavicini, annata 2014.

La mia opinione non può che essere positiva: un ristorante adatto a tutti, ma soprattutto per coloro che sono alla ricerca della buona cucina genuina e della qualità delle materie prime utilizzate

Un commento

Rispondi a Luca Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *